Reality Moggi: “Ho pensato al suicidio”
29/1/2007 di Sandro Piccinini
Controcampo
"Io mi ritengo un uomo di principi. E, sapete, ho pensato anche di uccidermi. È la fede che mi ha fatto ritornare indietro". Questa la scioccante rivelazione fatta da Big Luciano nella bella trasmissione di Enrico Ruggeri, Il bivio. E non è stato uno scherzo...
La prima tentazione è stata quella di non credergli. Moggi suicida? Ma dài, direbbe Mughini. Ma nella bella trasmissione di Enrico Ruggeri, Il bivio, non si è scherzato.
C'era una persona eccezionale come Julio Gonzalez, lo sfortunato giocatore paraguaiano del Vicenza che ha perso un braccio in un incidente automobilistico e che adesso vorrebbe tornare a giocare e un po' di gente ad ascoltarlo.
Emozioni forti e parole scelte con cura. Il ruolo del destino e quello della fede, occhi lucidi e cuori in tumulto. Poi è toccato a lui, l'ex re del mercato, del calcio, della tv, di tutto.
L'ex per definizione, il mostro strabattuto in prima e in ultima pagina, il fondatore e l'affossatore di Calciopoli, il più colpevole di tutti.
Senza giri di parole, essenziale come non è mai stato, ecco l'ultima verità di Don Luciano Moggi: ho pensato di uccidermi. Il fatto che molti di voi non crederanno neanche per un momento ad un'affermazione così drammatica rende ancora più penosa la situazione. Ma io ero lì, ho sentito e soprattutto visto.
Ho parlato con lui, pochi minuti e a trasmissione finita, in buona fede vi dico che Moggi era sincero. Per una volta, forse l'unica, non ha recitato, non ne aveva bisogno.
L'atto di fede di Gonzalez lo ha colpito e coinvolto e ha creato le premesse per una confessione inaspettata e spontanea.
Naturalmente, che Moggi abbia pensato al suicidio non può incidere in alcun modo sul giudizio complessivo che lo riguarda né indurre qualcuno a ritenerlo vittima di una macchinazione. Moggi ha commesso degli errori e per questo è stato condannato all'ergastolo sportivo, una pena severa ma ampiamente giustificata dalle carte.
A questa pena,però,se ne è aggiunta un'altra, accessoria e non prevista dall'ordinamento sportivo: la gogna mediatica.
Ed è proprio quella che mi è venuta in mente mentre lo ascoltavo, mentre i suoi occhi trattenevano a stento le lacrime. Moggi è in ginocchio e se riesce ancora a dimenarsi nel fango di qualche collaborazione pseudogiornalistica offertagli generosamente da avvoltoi in giacca e cravatta, è solo per disperazione.
E per orgoglio. Assurdamente, ma non troppo, Moggi è sinceramente convinto di non aver fatto niente di tremendo e questo, almeno in parte, ne spiega il dramma interiore.
Per lui sfruttare vecchie amicizie, chiedere o rendere favori ha sempre fatto parte del gioco.
Del suo ma anche di quello degli altri, con la differenza che lui era convinto di essere il migliore, il più bravo a barare in un tavolo di Bari. Poi, l'improvvisa scoperta di unarealtà diversa e del tutto inattesa lo ha stravolto, gli ha tolto tutti i riferimenti vitali.
Ma in un mondo amplificato a dismisura come quello del calcio, dove il merito per un acquisto azzeccato o per uno scudetto vinto vale un processo di beatificazione su giornali e tv, così, allo stesso modo, pretendere un certo arbitro in una certa partita può risultare più grave di un delitto efferato.
E' per questo che Moggi ha pensato al suicidio, perché per lui non c'era proporzione tra delitto e castigo, specie quello insopportabile comminato dai mezzi d'informazione, gli stessi che per tanto tempo aveva soggiogato con il suo potere.
Lui ha certamente esagerato, ma se davvero ha pensato al suicidio forse abbiamo esagerato anche noi.
|